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mercoledì 31 ottobre 2018

Trapunte

Cara Lilli,

immagina la scena: poco fa in cameretta, io e la monella...

"Mamma, questa è la tua trapunta vero? Quella di quando eri ragazza e stavi a casa con nonno e nonna".

"Sì, è proprio quella. Lo sai, no? Non è mica il primo anno che la mettiamo sul tuo letto!"

"E' bella".

"E' bello soprattutto che ora sia tu a dormire al calduccio con lei, proprio come ci dormivo io anni fa!" 

Perchè io amo queste cose. Amo che ciò che è stato parte della mia vita ora sia parte della vita di mia figlia, così come quello che è stato parte della vita dei miei genitori sia parte della mia, come il copriletto trapuntato che uso sul lettone mio e del mio amore.

Sono solo oggetti, è vero. Questi qui come altri che conservo. Ma rappresentano qualcosa di importante, ben al di là del loro valore materiale: sono il segno tangibile della continuità, del calore, dell'amore familiare che passa da una generazione ad un'altra.

Mi mancano, mamma e papà. Mi mancano sempre, anche se col tempo, con gli anni il dolore del distacco ha assunto sfumature diverse che non so spiegare a parole, che si fondono tra loro nella vita quotidiana e si intrecciano a tutto ciò che faccio e che dico e che penso.

Vorrei che un domani, quando non ci saremo più, i monelli pensassero a me e mio marito come io penso ai miei genitori, sentendoci presenti e riconoscendoci lì dove nessun altro ci vedrebbe mai. 

giovedì 25 ottobre 2018

Monellelisa

Cara Lilli,

riemergo dalle nebbie di questi ultimi giorni, dai dubbi, dai timori, dai messaggi che vanno e vengono, dalle telefonate-fiume con altre mamme di pazienti del centro di riabilitazione e con le terapiste, dagli incontri vari... 

Riemergo non perchè tutto questo ambaradan sia finito, anzi. Siamo ancora in alto mare. Ma perchè voglio proprio prendermi una pausa e voglio farlo col sorriso.

E con la musica.

Perchè ieri la monella facendo i compiti d'inglese mi ha fatto tornare indietro nel tempo...

Alla domanda "Who's your favourite singer?" ha risposto "My favourite singer is ELISA".

E certo. Non poteva dire che questo. Perchè ricordi qual è la prima canzone non dello Zecchino d'Oro ma da grandi che ha cantanto da sola, quando ha finalmente iniziato a parlare in modo comprensibile?

LUCE (tramonti a nord est)

Era maggio del 2013, la monella aveva 5 anni e 9 mesi.

Ed era tenerissima mentre creava questa cover... monellesca dal vivo, tutta da ascoltare :-)




PS: se ti va, rileggiti il mio vecchio post Tramonti a nord est (giorni da monella) del 26 maggio 2013.


martedì 16 ottobre 2018

Tra caos e poche certezze

Cara Lilli,

scrivo questo post perchè so già che in questi giorni sono già stata e continuerò ad essere poco presente qui sul blog e anche sui blog amici perchè, in particolare da ieri, mi sono trasformata in un essere mitolgico: metà donna e metà telefono.

Perchè ieri proprio tra telefonate e messaggi ho passato praticamente la giornata a parlare e scrivere. E finchè lo avessi fatto per cose simpatiche e per piacere alla fine ben venga, no? Ma quando ti si fanno le orecchie rosse e ti si intrecciano le dita sui tastini dello smartphone e arrivi a fine giornata con un mal di testa tremendo per cose che non dipendono da te ma che si ripercuotono su di te e sui tuoi figli pesantemente allora è un altro discorso.

Perchè la storia del Centro di riabilitazione neuromotoria dove i miei monelli fanno le loro terapie da tempo immemore (dal 2009 la monella, dal 2013 il monello) non è affatto conclusa. Anzi.

Una volta tolti i sigilli che avevano bloccato le attività regolari per due giorni   sembrò che si potesse riprendere a lavorare con regolarità e che ci fossero prospettive di un miglioramento . Ma durante tutta l'estate poi le cose sono rimaste in stallo in realtà e poi da settembre ad oggi sono peggiorate.

Ora siamo di nuovo ai ferri corti: i terapisti, dopo un contentino di 4 stipendi arretrati liquidati, si ritrovano ancora con gli altri arretrati da avere e continuano a non percepire neppure quelli attuali, per cui lavorano per la gloria, diciamo, e minacciano (comprensibilmente) di astenersi o comunque di ridurre notevolmente le ore di presenza; i pazienti (molti dei quali sono bambini e ragazzini) e i loro familiari si vedono ridurre le ore di terapia e non sanno se da un momento all'altro questo benedetto Centro chiuderà o meno, se ci sarà la possibilità di avere una valida alternativa e quindi di essere smistati dall'ASL in altre strutture (sì... ma quali poi? ricordiamoci che siamo in una zona interna del Sud Italia eh, non è che proliferino centri convenzionati per queste terapie) o se si dovrà fare un debito per pagare terapie privatamente.

D'accordo, dire debito forse può essere un'esagerazione. Ma anche no. Perchè chi ha problemi risolvibili in uno, due, tre cicli di terapie psicomotorie e logopediche o di fisioterapia o anche in un pò in più ma comunque per un periodo limitato, forse può pure fare il sacrificio. E comunque non è detto che ci siano disponibilità economiche in una famiglia anche solo per pochi cicli semestrali.

Ma pensa tu poi a chi ha la prospettiva di anni di terapie da far fare ai propri figli, tipo me e mio marito ad esempio.  Noi a dire il vero possiamo dire che almeno per la monella abbiamo fatto già un buon percorso e lei è già grandina e le terapie di supporto anche pe ril futuro forse potrebbero ridursi man mano, si spera. Ma abbiamo comunque il monellino che non ha ancora 8 anni e che al di là dell'età anagrafico poi è più indietro proprio come percorso, pur avendo fatto dei bei passi avanti nell'ultimo anno soprattutto.

E al Centro io ho a che fare con tante famiglie che hanno figli con patologie anche più serie o che hanno iniziato solo da poco il percorso riabilitativo e dunque hanno davanti a sè lunghi anni di cammino e lavoro da fare. E i soldi non crescono sugli alberi, purtroppo.

Dunque?

Telefonate, messaggi e quant'altro tra terapisti e genitori (io ho anche fatto da tramite su più fronti e perciò ieri tra un pò mi esplodeva il cellulare) per organizzare non uno, ma due differenti incontri aperti al pubblico per discutere della situazione critica. Incontri che ci saranno uno domani pomeriggio e uno sabato mattina. E per diffondere le notizie e sensibilizzare quante più persone.

Con difficoltà a mettere purtroppo d'accordo due differenti correnti di pensiero e di azione, il che rende molto più complicato il tutto. Come se già non lo fosse abbastanza.

Che poi noi familiari dei pazienti e pazienti stessi (quando si tratta di persone adulte) possiamo più che altro fare numero, manifestare, protestare, portare il nostro appoggio, ma mica tanto di più.

Tutto è in mano ai commissari straordinari e all'autorità giudiziaria, con tanto di accuse formali ormai (falsa fatturazione; abuso di ufficio; truffa per l’ottenimento di fondi pubblici; associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e all’evasione delle imposte), processi da fare, fondi bloccati. 

E questo post purtroppo è solo uno sfogo. Ma almeno tu , Lilli, e chi mi segue saprete che in questi giorni sono un pò con la testa altrove. Purtroppo.

Ma non si molla. Cerchiamo di fare quello che è in nostro potere. E incrociamo le dita.

venerdì 12 ottobre 2018

Venerdì del libro (276°): LA PRIMAVERA TARDA AD ARRIVARE

Cara Lilli,

questa incostanza nel postare per la rubrica del venerdì mi dispiace, ma davvero a volte il tempo a mia disposizione è poco e quando ce l'ho cerco sia di continuare a leggere (che in effetti è la mia prima passione) che di passare anche a dare un'occhiata ai blog amici

Oggi però è venerdì e, seppur in tarda serata, ci sono: seguo l'iniziativa di HomeMadeMamma parlandoti di un romanzo giallo italiano scoperto, come spesso accade, proprio attraverso l'iniziativa del VdL, anche se purtroppo non rammento da chi sia stato recensito nei mesi scorsi, pardon :(

Si tratta di LA PRIMAVERA TARDA AD ARRIVARE, di Flavio Santi.

Non avevo mai letto nulla di questo autore. Con il romanzo in questione ha esordito nel genere noir e ha anche dato vita ad un personaggio (l'ispettore Drago Furlan) che sarà protagonista poi anche di un secondo romanzo, che però io ancora non ho letto.

La sinossi (dalla quarta di copertina):

"Che cosa ci fa un morto ammazzato nella sonnacchiosa Montefosca, sperduto paesino alle pendici delle Alpi friulane? Drago Furlan, l'ispettore incaricato del caso, ha una bella gatta da pelare: ormai abituato a prendersi cura del suo orto e a verbalizzare multe per divieto di sosta, non indaga su un omicidio da quasi vent'anni. E quello di Montefosca, in più, è un omicidio davvero strano: la vittima, uccisa con un colpo di pistola in mezzo alla fronte, è un anziano di cui nessuno sembra conoscere l'identità. 
Drago, fisico alla Ernest Hemingway e metodi da ispettore contadino, è costretto a indossare di nuovo i panni del detective: ma è un po' arrugginito, e i montanari ("montanari… lupi mannari", come gli ricorda sempre sua madre, la vulcanica signora Vendramina, perfetto prototipo della mame furlane), con la loro aspra riservatezza, non gli rendono certo il compito facile. 
Tra soste in osteria annaffiate da tajut di ottimo vino, partite dell'amata Udinese e gite in Moto Guzzi con l'eterna fidanzata Perla, l'ispettore scopre che quei luoghi che tanto ama, al confine tra Italia e Slovenia, custodiscono segreti inconfessabili. La primavera che scioglie le nevi comincia a far riaffiorare anche i fantasmi di un passato lontano. Con una scrittura ironica e trascinante, Flavio Santi, uno dei più importanti poeti italiani contemporanei, debutta nel noir e dà vita a un irresistibile ispettore di polizia arruffato e sornione, regalandoci il ritratto autentico di un mondo di provincia, quello friulano, in bilico tra modernità e tradizione, con tutti i suoi affascinanti chiaroscuri."


Il libro mi è piaciuto, ma non mi ha entusiasmato. Ho trovato la lettura a tratti  lenta. Questo di per sè non è detto che sia un difetto, anche se parliamo di un giallo, perchè non per forza una storia di questo genere deve avere ritmi serrati e colpi di scena a ripetizione. Può basarsi anche più sull'introspezione dei personaggi e dare ampio spazio al contorno della vicenda.

Il fatto è che in certi punti la lettura è davvero troppo lenta. Per me, s'intende.

Ma la storia nell'insieme l'ho trovata buona, ben congegnata. E il personaggio di Drago Furlan, pur se un pò stereotipato (l'ispettore burbero ma umano, apparentemente disorientato ma sotto sotto intuitivo), ha come si suol dire un suo perchè.

Il passato che arriva a bussare alla porta del presente e che reca con sè conseguenze drammatiche è una carta non molto originale ma vincente. 

L'autore ha lasciato per ultimo, proprio in fondo al libro, un momento che a me è piaciuto molto, che ha fatto conquistare un punto in più, diciamo, a questo romanzo: non oso svelare nulla, è chiaro, ma posso dire che vale la pena superare qualche momento di impasse per arrivare alla conclusione vera della storia.

Il libro sarà maggiormente apprezzato da chi è friulano o conosce bene il Friuli e le sue tradizioni, culinarie e non. O da chi vuol conoscerle. L'autore va fiero delle sue origini e questo romanzo ne è la dimostrazione.



I suggerimenti di altri blogger per questo venerdì del libro li trovi elencati QUI

martedì 9 ottobre 2018

I'm outta love

Cara Lilli,

credo che ognuno di noi abbia una canzone che gli piace in particolare .

Attenzione: non dico una canzone che ci ricordi qualcosa di speciale. 

Non dico una canzone che sia necessariamente del nostro cantante o cantautore preferito. 

Non dico neppure una canzone nel cui testo ci ritroviamo perfettamente. 

Non dico una canzone la cui musica sia la più bella mai composta.

Io intendo una canzone che fin dal primo istante in cui l'abbiamo ascoltata la primissima volta ci ha folgorato.  

Senza un perchè

E noi sappiamo benissimo che magari ce ne saranno altre più belle, più significative, più legate ad eventi memorabili della nostra vita, come se le avessimo scritte noi tanto che rispecchiano i nostri sentimenti e i nostri pensieri.

Eppure. Eppure quella canzone lì, proprio quella, è entrata prepotentemente nel nostro cervello, nel nostro cuore. E' nostra. Anche se racconta cose che non c'entrano con noi. Anche se non è il genere che preferiamo più di tutti. Ascoltarla ci fa stare bene.
 
Quando qualcuno mi chiede qual è la mia canzone preferita, da 18 anni a questa parte a me viene in mente all'istante solo e soltanto questa qui:





I'M OUTTA LOVE (ANASTACIA) (2000)

Now baby come on
Don't claim that love you never let me feel
I should've known
'Cause you've brought nothing real
Come on be a man about it
You won't die
I ain't got no more tears to cry
And I can't take this no more
You know I gotta let it go
And you know

I'm outta love
Set me free
And let me out this misery
Just show me the way
To get my life again
'Cause you can't handle me
I'm outta love
Can't you see
Baby that you've gotta set me free
I'm outta love

Said how many times
Have I tried to turn this love around?
But every time you just let me down
Come on be a man about it
You'll survive
True that you can work it out all right
Tell me
Yesterday did you know
I'd be the one to let you go?
And you know

I'm outta love
Set me free
And let me out this misery
Just show me the way
To get my life again
'Cause you can't handle me
I'm outta love
Can't you see
Baby that you've gotta set me free
I'm outta love

Let me get over you
The way you've gotten over me too, yeah
Seems like my time has come
And now I'm moving on
I'll be strong yeah

I'm outta love
Set me free
And let me out this misery
Just show me the way
To get my life again
'Cause you can't handle me
I'm outta love
Can't you see
Baby that you've gotta set me free
I'm outta love