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AVVISO AI VISITATORI: Questo blog è "migrato" da Myblog a Blogger il 1° ottobre 2012. Ho trasferito una parte dei vecchi post in questa nuova "sede", ma chi volesse saperne di più di me, di Lilli e del nostro "passato" può andare a dare un'occhiata QUI

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giovedì 15 novembre 2018

Il crodino con papà

Cara Lilli,

ci sono abitudini che assumono un'importanza maggiore del gesto in sè per sè, che vanno oltre

Ci sono abitudini che significano essere in sintonia, essere vicini. 

Ci sono abitudini che significano affetto. Grande, genuino.

Come quando la monella nel fine settimana è contenta di godersi di più il suo papà. E la vedi che freme in attesa che arrivi il momento in cui lui si prepara per andare a fare la spesa in grande, quella all'ipermercato in città, e la senti con la sua vocetta sorrident (perchè lei sorride anche con la voce, sì) chiedere in modo retorico:

"Voglio venire con te a fare al spesa?" :-)

E se ne vanno, tutti e due. Papà e figlia.

E poi tornano e lei racconta di come, dopo la spesa, si sono fermati al bar e hanno preso un crodino, che piace tanto ad entrambi. 

Così, con aria di candida complicità. 

Io sono così felice di questo, Lilli! Lo sono perchè so che lei porterà con sè per sempre questi pomeriggi del sabato di routine eppure così speciali col suo papà, come anche le attese nella pizzeria d'asporto di fiducia dove compriamo una volta a settimana pizze e patatine fritte per tutta la famiglia. E dove anche vanno sempre loro due, da soli. Con quelle cose che sono tutte loro: le canzoni da ascoltare in auto nel breve tragitto, il solito tavolino dove sedersi ad aspettare, le caramelle che vengono regalate alla monella dalla signorina che prende le ordinazioni al bancone.

Io non ho ricordi di questo tipo in particolare con mio papà, di gesti e abitudini tutte nostre ripetute a lungo nel tempo.

Ma ne ho altri, comunque. Forti e chiari. 

Lui mi ha iniziato all'ascolto della musica. Di tutta la musica. A cominciare da quella classica (qui), passando per quella jazz, per la canzone d'autore italiana e per quella classica napoletana.

Lui mi ha trasmesso (complice anche mamma) l'amore per la lettura. E per la scrittura.

Lui mi ha insegnato non a parole ma con i fatti come, con quale dignità e compostezza, si affrontano anni di malattia, sofferenze, perdita di autonomia.

Lui mi ha donato il sorriso più tenero e l'espressione più gioiosa di tutte le altre, anche di quella di mia madre, seduto sulla sedia a rotelle, con le braccia alzate al cielo in due occasioni: quando sono andata a salutarlo di ritorno dalla luna di miele e quando ha saputo dalla mia viva voce che aspettavo la monella.

Lui mi ha donato anche l'espressione più silenziosa e dolorosa e profondamente sconvolgente, l'ultima rivolta ad un suo familiare, la sera prima della notte dell'addio. Anche quello è stato un dono, per me. Come se il destino avesse voluto che io fossi l'ultima a guardarlo negli occhi, mentre era in quel letto d'ospedale,  e a dirgli "Ci vediamo domani, papà!".

Oggi sono 9 anni che lui se n'è andato. 

Ma lui c'è. Ecco tutto.


sabato 11 aprile 2015

Les feuilles mortes

Cara Lilli,

devi sapere che la mia mamma aveva un amore particolare per la Francia, per la letteratura, per le tradizioni, la cucina e per il francese proprio come lingua, tanto che lo aveva studiato da giovane all'istituto Grenoble di Napoli.

Non per niente la canzone d'amore sua e di mio papà era La vie en rose (te ne ho parlato qui).

Ma se le chiedevi quale fosse la sua canzone, quella sua personale...non aveva esitazioni e rispondeva: "Les feullies mortes".

Col testo che è una meravigliosa poesia di Jaques Prevert, con la musica delicata e struggente al tempo stesso, quasi appena accennata, questa canzone è di una malinconia e di un'intensità emotiva senza pari. 

Anche io la amo molto.

E oggi ricordo così la mia mamma, che da 4 anni è in Cielo.




Testo e traduzione qui.


sabato 15 novembre 2014

5 anni fa...la notte dell'addio

Cara Lilli,

ci sono post che ho scritto anni fa, quando ero ancora sulla piattaforma di Virgilio, che chi mi segue da poco o comunque non dall'inizio non conosce. 

Ecco, io sento di volerli condividere perchè parlano di momenti di svolta della mia vita, nel bene o nel male.

E' il caso del vecchio post, datato 22 settembre 2010, che ti ripropongo proprio oggi, giornata particolare per me, anniversario doloroso.

La notte dell'addio.


<< Le telefonate che arrivano di notte spaventano sempre: non ne avevo mai ricevuta una fino a quella notte del 15 novembre 2009, ma diciamo che oramai me lo sentivo che sarebbe giunta presto…specie dopo aver visitato papà in ospedale la sera prima, insieme a mio marito.


Mi è stato chiaro appena l’ho visto che la fine era prossima: non aveva più gli occhi chiusi (come invece accadeva da giorni) ma, anzi, mi fissava con uno sguardo pieno di parole…tutte quelle che non riusciva più a pronunciare, emettendo oramai solo un rantolo affannoso e continuo che mi faceva rabbrividire.


L’ho accarezzato a lungo sulla testa, sulle guance, gli ho parlato piano e gli ho tenuto la mano per tutto il tempo. Poi siamo dovuti andare via e gli ho promesso di tornare l’indomani (domenica). Ma uscendo da quella stanza d’ospedale non mi sentivo tranquilla affatto...avevo un brutto presentimento.


La telefonata, dunque: all’una e quarantacinque mi ha chiamato mio fratello dicendomi che era stato contattato con urgenza dall’ospedale perché papà era peggiorato tanto da non avere pressoché più speranze e che ci suggerivano di correre là se volevamo portarlo via, a casa.


Naturalmente lui vivendo ad Avellino poteva arrivarci in 5 minuti, io invece ci ho messo una mezz’ora, con mio marito e con mia figlia che poverina dormiva. E durante il tragitto ecco una seconda telefonata di mio fratello, stavolta dall’ospedale: papà se ne era andato oramai…


Un turbine di sensazioni, le lacrime che non scendono, una strana calma che mi consente di non crollare, di salire dai miei suoceri a lasciare mia figlia e poi proseguire con mio marito a casa di mia madre, dove comunque l’ambulanza stava trasportando papà, con un’assurda messa in scena per farlo sembrare ancora in vita (con addirittura una mascherina d’ossigeno sul viso), necessaria a detta dei medici di turno per consentirci di evitare la camera mortuaria e la triste trafila di un decesso in ospedale.


Sono giunta da mia madre dieci minuti prima dell’ambulanza: ecco salire per le scale i portantini...li sentivo arrivare e contemporaneamente sentivo arrivare anche le lacrime fino ad allora nascoste in fondo al cuore… Papà era avvolto in un lenzuolo, Lilli, e ti giuro non potrò mai dimenticare finché vivo l’impressione che ho provato vedendolo mentre lo deponevano sul letto, magrissimo, semi nudo: Gesù nel sudario…ecco a cosa ho pensato. Un paragone eccessivo, inimmaginabile, blasfemo forse...ma è esattamente ciò che mi è balenato nella mente in quell’istante. Ed ho pianto.


Ciò che è seguito è il naturale svolgersi delle cose come in ogni evento del genere: sistemare il letto, vestire il defunto… Già: vestire il corpo senza vita di mio padre. MAI avrei creduto di essere in grado di farlo, Lilli, ed invece l’ho fatto e rendo grazie a Dio di avermene dato la forza perché è un atto di carità e di rispetto che sento di aver reso a chi mi ha generato, cresciuto e soprattutto amato.


Insieme a mia zia (la sorella di papà), mentre mio fratello non si sentiva neppure di entrare nella stanza e mia madre era lì presente ma seduta immobile a pregare, ho iniziato a svolgere quel compito, piangendo silenziosamente tutte le mie lacrime.


Poi, quando ad un tratto non riuscivamo ad andare avanti da sole perché papà andava sollevato, è arrivato l’aiuto per me più inaspettato e più commovente: mio marito, il mio dolce amore, che è molto sensibile a queste situazioni, il ragazzo che parla poco ma fa gesti concreti, ha finito di vestire con me il mio papà. Questa è stata una delle prove d’amore più grandi che mi ha dato da quando ci conosciamo e io non finirò mai di ringraziarlo.


Alla fine ho guardato quel corpo ricomposto, quel volto pallido, pieno di dignità, ma anche un pò trasfigurato dalla morte: per non crollare mi sono “costretta” a pensare al mio papà, quello “vero”, non quello che era lì esanime su quel letto ….


Ho pensato al papà che mi ha insegnato ad amare la musica classica fin dai miei primi anni di vita, che si fingeva direttore d’orchestra e mi faceva ballare mentre andavano le note dell’overture de “Il signor Bruschino” di Rossini, che fumava la pipa con quel tabacco aromatico che inondava la stanza di un odore che mi piaceva tanto da bambina, che mi teneva per mano quando andavamo in qualche città ricca di monumenti o in un museo (lui, professore di storia dell’arte e pittore) e mi illustrava tutte quelle bellezze, che amava cantare le canzoni classiche napoletane e che, quando sono tornata dal mio viaggio di nozze, mi ha accolto sulla sua sedia a rotelle a braccia aperte e con un sorriso che raramente gli avevo visto sul viso (lui, timido e poco espansivo) esclamando: “Che bella figlia che ho!”…


A quel papà io in realtà non dirò mai addio, Lilli.>>


mercoledì 23 luglio 2014

I viaggi del cuore

Cara Lilli,

ci sono volte in cui quando sali in auto e parti, il viaggio che comincia non è solo fisico.

Ci sono viaggi che il cuore fa insieme al corpo, ma anche oltre il corpo stesso. Perchè si sa che il cuore ha percorsi tutti suoi, che nessuna autostrada potrà mai circoscrivere.

Ho fatto un viaggio del cuore l'altroieri.

Sono partita quasi di corsa, senza averlo programmato se non giusto un paio di ore prima. I viaggi del cuore spesso sono così: improvvisi, seguendo l'impulso del momento. 

Mio marito si è preso un pomeriggio libero al lavoro per restare a casa con i monelli.

E mentre io raggiungevo mio fratello e mia cognata e proseguivo poi con loro, libera dall'incombenza di dover guidare, ho potuto lasciare che il cuore corresse per conto suo.

Verso Roma, poi Orte, poi l'Umbria e l'amata Spoleto...

Il mio cuore è andato avanti, mentre io, seduta nell'auto di mio fratello che pure macinava chilometri, non ruscivo a stargli dietro. 

Ma tanto  il mio cuore conosceva bene la strada, dopo averla fatta un sacco di volte nei miei anni giovani. Non poteva sbagliare per nessuna ragione al mondo.

E non parlo delle gite di famiglia, no. Parlo dei viaggi miei. Miei e basta. Quando partivo e mi rifugiavo a Spoleto dai miei zii. Dopo l'esame di maturità, ad esempio, o dopo tanti esami universitari. Per una pausa, un momento di pace, un momento di svago, di affetto grande. 

Anzi, la prima volta avevo 9 anni. Una settimana intera da sola con gli zii. Indimenticabile. 

Per tanti anni sono stata in quella che era la loro casa di allora, un pò fuori mano, con un prato enome intorno, in cui troneggiava un salice piangente che ha fatto ombra a tanti miei pensieri adolescenziali, che ha ascoltato tanti miei sussurri di ragazza innamorata o tanti dubbi e paure tipiche di quell'età.

E il campo dietro la casa....grande, un pò scosceso, coltivato da mio zio prima nel tempo libero dal lavoro, poi con più continuità dopo la pensione anticipata.

Mio zio. Il mio zione un pò orso, ma in senso buono. Poco incline per troppo pudore alle manifestazioni d'affetto, proprio il contrario di me, ma che proprio in me diceva di aver trovato la figlia femmina che non aveva avuto. Lui, padre di due ragazzoni belli, grandi e grossi.

Quante ore passate con gli stivaloni di gomma ad innaffiare la lattuga (e a cercare le lumache che vi si nascondevano tra le foglie!), a cogliere la frutta, a dar da mangiare alle galline. Io e lui.

E quante ore a passeggio per Spoleto, con lui che amava fare da cicerone. Io e lui.

Poi la casa è cambiata, più vicina al centro abitato, meno affascinante della casa di campagna, ma ugualmente bella perchè c'era lui lì, insieme a zia. E io ci tornavo sempre con lo stesso amore e la stessa gioia.

E tu lo sai bene, Lilli, che in quella casa, la seconda, ci sono stata anche con il mio amore, di ritorno dalla luna di miele, perchè zio non era potuto venire al nostro matrimonio per evitare strapazzi al suo cuore ballerino e discolo. 

Da quando sono arrivati i monelli ci sono state più telefonate che viaggi. Ma ogni volta era comunque una cosa bellissima parlare con lui, che mi diceva sempre che la sua casa per me, per la famiglia che mie ero creata, era sempre aperta.

Tenero, zio. Schivo, ma tanto tenero.

Ci siamo voluti un bene immenso, io e lui.

E l'altroieri, quando l'auto con me dentro è arrivata davanti casa sua, il mio cuore era già lì da un pezzo. Corre veloce il cuore quando si tratta di andare da chi si ama.

Stavolta non c'era zio a darmi il benvenuto sulla porta, col suo sorriso mite e dolce, simile a quello del mio papà. Il mio cuore lo sapeva ma egualmente non voleva crederci.

Questo viaggio del cuore si è concluso in modo molto diverso da tutti quelli che ci sono stati negli anni addietro. Con un dolore lancinante che non credevo che avrei più provato dopo la perdta dei miei genitori.

Ma lui era il mio zio speciale. 

E adesso ho un altro angelo custode, ne sono certa.

 

domenica 25 maggio 2014

Un mare di giallo

Cara Lilli,

ieri in tarda mattinata tornavo con i monelli dal centro di riabilitazione neuromotoria. La solita strada, quella lungo la quale c'è anche il prato recintato con il nostro caro pony Miele

Quando ho preso la deviazione in salita l'ho visto. Un mare di giallo.

Due giorni prima non c'era, o per lo meno era certamente meno esteso, meno evidente, meno...giallo.

Ieri tutta la collinetta attorno cui gira salendo la nostra usuale scorciatoia era gialla

Un mare di ginestre.

E il pensiero è andato in presa diretta dalla mente al cuore e me lo ha stretto forte in un'emozione strana, malinconica, mista di dolcezza e tristezza.

Quanto amava il giallo mia madre? Immensamente. Era il suo colore preferito.

Mio padre lo sapeva bene e ad ogni occasione di festa (compleanno, anniversario) non le faceva mai mancare un fascio di fiori gialli. Che poi si trattasse di gerbere, lilium, tulipani o altro non importava. Bastava che fossero gialli.

Si sarebbe incantata davanti a quel mare tutto giallo, la mia mamma.

Ieri l'ho fatto io per lei.

http://www.orvietonews.it/upload/foto/ginestre-.jpg
IMMAGINE PRESA DAL WEB