AVVISO AI LETTORI:

AVVISO AI VISITATORI: Questo blog è "migrato" da Myblog a Blogger il 1° ottobre 2012. Ho trasferito una parte dei vecchi post in questa nuova "sede", ma chi volesse saperne di più di me, di Lilli e del nostro "passato" può andare a dare un'occhiata QUI

Visualizzazione post con etichetta calcio. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta calcio. Mostra tutti i post

sabato 19 ottobre 2019

Visto, finito e visto daccapo.

Cara Lilli,

oggi stavo ripensando a vari film che sarei felice di rivedere. Si tratta di pellicole che mi sono piaciute ma che non vedo da parecchio tempo.

Io sono solita riguardare di tanto in tanto i film che amo, il che non è poi una cosa strana perchè lo facciamo un po' tutti, no? E' come ritrovare vecchi amici, sentirsi a casa. Perchè anche un film può essere "casa" e te ne ho scritto un po' di anni fa, ricordi?

E pensa che ti ripensa, ho realizzato che ci sono film che ho visto tante, anche tantissime volte, ma che ce n'è uno solo, uno solo in vita mia che ho visto due volte di seguito.

Nel senso che è iniziato, l'ho guardato tutto fino alla fine e, nel giro di pochi minuti, l'ho rimesso daccapo e l'ho rivisto tutto quanto. 

Questo film è FUGA PER LA VITTORIA di John Houston, datato 1981.

Era una sera dell'inverno del 1987 (ricordo con precisione l'anno perchè è stato allora che papà comprò il primo videoregistratore e quello era uno dei  primi film che registravamo), io avevo 13 anni e mezzo. Mio fratello doveva uscire con degli amici e mi lasciò l'incarico di registragli questo film che davano in TV. 

Non lo avevamo mai visto, nè io nè lui. 

Lo trasmettevano su una rete commerciale, per cui era inframezzato da parecchi intervalli pubblicitari. Lo guardai tutto, dal primo all'ultimo minuto, per poter staccare e riattaccare la registrazione al momento delle pubblicità.

Mi piacque. Anzi, di più. Mi appassionò. Complice anche il fatto che io stavo in quel periodo scoprendo in me un amore sviscerato per il calcio [e per un allora giovanissimo Paolo Maldini.... ma questa è un'altra storia ;) ], fui così presa da quella storia che, quando mio fratello rientrò che era appena finito il film, lo convinsi a vederlo quella sera stessa, pur se era ormai molto tardi. E io lo rividi con lui, daccapo, fino al termine.

Quella notte dormii un paio di ore in meno, ma non me ne pentii affatto :)

Non è un capolavoro, ne sono consapevole. Forse è anche un po' retorico e sfrutta dei luoghi comuni, come ha scritto il critico Morandini, citato sul sito Mymovies. Ma un film può avere tanti motivi per entrare nel cuore e per restarci. Al di là dell'essere o meno un capolavoro, appunto.

Per chi non sapesse di cosa sto parlando...


 “Seconda guerra mondiale. In un campo di prigionia tedesco, un gruppo di detenuti allenati da John Colby, famoso giocatore della nazionale inglese, viene sfidato da un ufficiale delle truppe naziste, il Maggiore Karl Von Steiner, a giocare una partita di calcio fra prigionieri alleati e soldati tedeschi. L'idea di una sfida sportiva fra fronti in guerra piace molto ai gerarchi nazisti, che decidono di far giocare la partita in un importante stadio della Parigi occupata e di renderla un grande evento di propaganda. Quando gli uomini interni al campo che lavorano segretamente con le forze della Resistenza francese vengono a sapere dell'evento, iniziano a pianificare, con l'aiuto della rude spia canadese Robert Hatch, un grande piano di fuga.” (fonte www.mymovies.it)


Sylvester Stallone, che pure io non amo solitamente come attore, Michael Cane e Max Von Sydow, con l'apporto del grande Pelè e di altri calciatori professionisti mi hanno fatto amare questa storia. Mi hanno fatto emozionare, come se alla fine ci fossi stata anche io lì, in campo a Parigi, a giocare quella che non è una partita di calcio ma una sfida per la libertà.

E ancora oggi, nel rivedere le immagini del finale, mi riscopro sulle spine, partecipe, fiera di essere dalla parte degli Alleati...




ALLERTA SPOILER!!!

Quando il portiere della squadra degli Alleati para il rigore (fasullo) che avrebbe dato al vittoria ai tedeschi io esulto immancabilmente come se vedessi la scena per la prima volta! 

Perchè quello che sulla carta è solo un pareggio, è stato ottenuto lottando in campo con le unghie e con i denti ed è in realtà più di una vittoria. 

Perchè i giocatori Alleati avrebbero potuto fuggire nell'intervallo tra il primo e il secondo tempo e non lo hanno fatto, perchè hanno capito che non solo per loro stessi, ma per le migliaia di spettatori nello stadio e per tutto il popolo oppresso dall'occupazione nazista era una rivincita psicologica troppo importante.

Perchè hanno avuto il coraggio di non scappare...




E quel cancello dello stadio che si spalanca sotto la spinta della folla degli spettatori, che nascondono tra loro i giocatori Alleati e li coprono con cappotti e cappelli per mascherarli e farli fuggire, è un'immagine bellissima, accompagnata da una colonna sonora trascinante.

Uno dei finali preferiti in assoluto, tra i film che amo.
 




PS: il film è liberamente ispirato a una storia vera, quella della cosiddetta partita della morte

domenica 15 luglio 2018

11 luglio '82

Cara lilli,

ci sono date che non si dimenticano. Date di cui ricordi perfettamente dove, come, con chi eri e che cosa stavi facendo mentre accadeva un determinato evento.

Una di queste date per me (e per milioni di italiani) è l'11 luglio 1982.

Dove: ero al mare, nella mia adorata San Benedetto del Tronto e nell' ampia sala TV comune di quello stesso grande residence che ha mi ha visto vivere anche in seguito le più belle estati della mia vita da ragazza. 

Come: vestita tricolore, con maglietta bianca, gonnellina rossa e bandana verde in testa.

Con chi: con mio fratello, le mie 2 cugine gemelle e un folto gruppo di amici di spiaggia (tutti rigorosamente vestiti tricolore, in un modo o nell'altro), più tutti i rispettivi genitori.

Che cosa: facevo un tifo assordante per la Nazionale di calcio che disputava la finalissima dei Campionati Mondiali di Spagna contro la Germania Ovest.

Ricordo tutto, ogni cosa, ogni particolare di quella sera magica.

Dalla corsa a prendere i posti migliori nella sala TV fin dal pomeriggio (giuro: noi ragazzi non ci schiodammo da lì neppure per cenare qualcosa prima del fischio d'inizio, le nostre mamme ci prepararono dei panini e ce li portarono giù con bottiglie di acqua e bibite e andavamo in bagno a turno, per non perdere i posti in prima fila!), all'emozione degli inni nazionali, alla presenza in sala di alcuni (pochi) ospiti del residence che erano tedeschi e immagina tu come venissero guardati da tutti noi altri (pur senza cattiveria, eh!),  al rigore sbagliato da Cabrini, al gol di Pablito Rossi che sbloccò il risultato, all'urlo liberatorio in corsa di Tardelli dopo il suo 2-0, alla cavalcata sulla fascia destra di Conti che servì a Spillo Altobelli la palla per il 3-0, all'esultanza del Presidente Pertini sugli spalti che agitando l'indice della mano destra esclamò "Ormai non ci prendono più!" (il labiale fu chiarissimo), al gol della bandiera della Germania a pochi minuti dal termine, mentre i poveri villeggianti tedeschi avevano pian piano guadagnato già il fondo della sala, verso l'uscita... fino al triplice fischio finale dell'arbitro e al grido memorabile di Nando Martellini...

 "CAMPIONI DEL MONDO! CAMPIONI DEL MONDO! CAMPIONI DEL MONDO!"

E poi...

Gli urli, le lacrime, gli abbracci... Zoff che riceve il trofeo da Re Juan Carlos... la corsa in spiaggia, il bagno in mare, gli adulti che stappano bottiglie di spumante offerte dai gestori del residence...

Una gioia speciale, anche se ero ancora una bambina e ne capivo ancora poco di calcio. Una gioia pura, semplice, contagiosa. Diversa da quella, comuqnue grandissima, sincera e forse più consapevole di tanti anni dopo, nella notte di Berlino, il 9 luglio 2006. Diversa perchè fu la prima in quel senso per me. 

Una gioia irripetibile.


Oggi pomeriggio guarderò in TV Francia - Croazia, fnalissima di Russia 2018, tifando per i croati  (va senza dire) ma con un pò di amara malinconia nel cuore. Malinconia per la mancata partecipazione degli Azzurri a questo Mondiale, ma forse ancor di più perchè so che quella gioia dell'11 luglio '82 dal vivo non tornerà mai più. Ma nel mio cuore c'è ancora, eccome. Custodita in un angolo speciale, tutto suo.


martedì 19 giugno 2012

Il calcio che ricordo io

Cara Lilli,

gli Europei di Calcio di Polonia e Ucraina (a proposito....siamo passati per il rotto della cuffia, eh?) mi hanno dato una volta di più l'occasione di riflettere su come io mi sia allontanata un bel pò dal mondo del calcio da alcuni anni a questa parte.

Tu sei la mia confidente da quando ero solo una bambina di 9 anni, tu quindi hai vissuto in diretta il mio colpo di fulmine per il calcio quando di anni ne avevo 13...o forse dovrei dire il mio colpo di fulmine per Paolo Maldini :-) che nel febbraio del 1987 mi ha spalancato le porte del tifo sfegatato (Milan, naturalmente, seguendo il mio idolo!) che man mano ha perso la connotazione della passione per il singolo calciatore per acquisire quella dell'amante del calcio in generale...campionato, nazionale, coppe internazionali e chi ne ha più ne metta.

Eh si, ero piuttosto ferrata in materia calcistica quando ero un'adolescente o poco più: lo posso dire senza falsa modestia, ne sapevo molto e ne capivo anche un bel pò.

Ho ricordi meravigliosi di anni e anni trascorsi a seguire questo sport che unisce (e divide) tutti, grandi e piccini, che mi ha a lungo regalato emozioni forti e indimenticabili.

Ma il calcio che ricordo io non è quello che vedo oggi, Lilli.

Sarò nostalgica (ma questo è cosa nota),  sarò arretrata: mettila come ti pare.

Il mio calcio era quello con le magliette dei giocatori in campo numerate  dall'1 all'11 e non esistevano le maglie 46, 60, 73 o addirittura 99...e i nove undicesimi e poi gli otto undicesimi dei giocatori delle squadre italiane erano italiani (se no che campionato italiano era, no?).

Il mio calcio era quello in cui si giocava il campionato la domenica pomeriggio e le coppe il mercoledì sera e non dovevi star dietro ai diritti televisivi e a partite praticamente ogni giorno della settimana.

Il mio calcio era quello in cui le scarpe dei giocatori erano tutte uguali e non di mille colori a seconda degli sponsor dei singoli atleti.

Potrei tirarla a lungo ma non lo farò, Lilli: volevo semplicemente farti capire che il calcio attuale, caotico, in cui perdi il conto delle partite, questo mondo fatto di cifre gigantesche sui contratti dei giocatori e su quelli con gli sponsor e con le emittenti televisive che lottano per accaparrarsi le esclusive...si, questo calcio di oggi non mi piace più tanto e allora lo seguo di meno, molto di meno.

E ti dirò, non ne sento neppure troppo la mancanza. Vivo benissimo anche senza. Mentre del mio calcio, quello che ricordo io, sento una mancanza tremenda....

Ciò non toglie che la nazionale e la sua sorte agli Europei mi sta comunque a cuore e che farò un gran tifo per gli azzurri, sperando che la seconda fase del torneo ci riservi belle soddisfazioni, anche se confesso di essere un pò scettica a riguardo.

Ah....se ci fosse ancora il mio mitico Paolino Maldini lì con la fascia di capitano al braccio....bei tempi quelli :-)