AVVISO AI LETTORI:

AVVISO AI VISITATORI: Questo blog è "migrato" da Myblog a Blogger il 1° ottobre 2012. Ho trasferito una parte dei vecchi post in questa nuova "sede", ma chi volesse saperne di più di me, di Lilli e del nostro "passato" può andare a dare un'occhiata QUI

venerdì 8 novembre 2019

Cara R.

Cara Lilli, 

per una volta permettimi di scrivere una lettera diversa dal solito...

"Cara R.,

oggi è stata la prima volta che di venerdì siamo venuti al centro di riabilitazione alle 15 e, mentre il monello faceva regolarmente la sua ora di psicomotricità, la monella è rimasta in sala d'attesa con me. 

E' la prima volta che è successo non perchè tu fossi in malattia o assente per un permesso di altro genere, nè per un cambio di orario.

Tu eri lì, al centro. Ma la monella non ha fatto terapia con te perchè tu da oggi, ufficialmente, non sei più una sua terapista. 

Dopo quasi 9 anni e mezzo, non sei più una sua terapista.

E' arrivato quel giorno. Quel giorno che già da un paio di anni era presente nei nostri discorsi, velatamente prima, poi più concretamente man mano. Il giorno in cui la monella ha concluso il suo percorso con te. 

Con te, che l'hai vista piccina a 2 anni e 10 mesi, che hai visto le sue guanciotte paffute e i suoi grandi occhi quando erano azzurri, prima che poi pian piano cambiassero in grigio-verdi. Che hai compreso i suoi sguardi, i suoi gesti, il suo lamento di sottofondo che accompagnava il dondolio tipico di quasi tutti i bambini con un disturbo dello spettro autistico, il solo suono che lei era capace di articolare allora.

Con te, che hai gestito e sopportato le sue urla, i pianti dirotti, che l'hai vista gettarsi a terra e dibattersi disperata, che dovevi chiudere a chiave la porta della stanza per evitare che qualcuno entrasse perchè se mai per qualche motivo ciò accadeva lei andava in agitazione così tanto da non essere più capace di riprendere la terapia.

Con te, che hai seguito la sua crescita, l'inizio della scuola dell'infanzia, poi il passaggio alle elementari, poi ancora alle medie. Che ci sei stata ad ogni passo, ad ogni difficoltà, ad ogni successo.

Con te, che hai ascoltato le sue prime parole, quando aveva 4 anni e mezzo ed è uscita da un mutismo che sembrava inscalfibile, che l'hai spronata e applaudita mentre finalmente toglieva il pannolino, a 5 anni compiuti, che l'hai guardata iniziare a leggere e scrivere, prima solo in stampatello, fino ai 9 anni, poi anche in corsivo, un'altra conquista contro la sua grande difficoltà nella motricità fine.

Con te, che tante volte in questi anni sei uscita dalla stanza con lei, a fine ora, e mi hai detto "Siamo in guerra!", perchè era iniziato un periodo in cui dovevi riuscire a farle raggiungere un obiettivo e sapevi di dover lottare per ottenere qualcosa, con le giuste strategie in terapia. E che poi, puntualmente, dopo un certo periodo di tempo, sei uscita e sorridendo mi hai detto "Siamo in tregua adesso!", perchè una battaglia era vinta ma già sapevi che ce ne sarebbero state altre da fare per raggiungere altri obiettivi.

E sì che ce ne sono stati di obiettivi raggiunti! 

Con te, che sei sempre stata disponibile, non solo al centro in orario di terapia, ma anche fuori, al telefono, via messaggi o a voce proprio. Di giorno e di sera, di sabato e di domenica. Che hai sempre parlato chiaro con me, che mi hai reso partecipe di ogni passaggio, che ti sei sempre voluta confrontare, che mi hai sostenuto nei momenti delicati e hai gioito insieme a me in quelli più belli.

Con te, che mi hai sempre espresso la tua stima, che mi hai chiesto a tua volta sostegno quando ci sono state da fare battaglie sindacali per la sopravvivenza del centro di riabilitazione , sostegno che io ti ho sempre dato di slancio, stando al tuo fianco nelle manifestazioni, negli scioperi, cercando di mediare tra diversi gruppi all'interno stesso del centro.

Con te, che per la monella sei stata un punto di riferimento, una certezza incrollabile. Che sei stata e che sarai. Perchè lei, la monella, ha voluto che metteste per iscritto il vostro "patto" di amicizia, con l'impegno a continuare a vedervi sia al centro stesso quando verremo per le altre sue terapie, che continueranno, e per le terapie del monello, sia al di fuori e di sentirvi al telefono e messaggiarvi. Un patto con tanto di data e firme di entrambe voi in calce.  

Con te, a cui anche io ho dedicato un pensiero il giorno dell'ultima terapia, mercoledì scorso, sempre con data e firma in calce, perchè ha detto la monella che "Anche la mamma ti vuole bene e perciò deve scriverlo!".

Con te, che sei stata così preziosa per la monella, per me, per la nostra famiglia tutta.

E pensare che la prima volta che ti ho visto, nell'inverno 2009/2010, mentre la monella faceva il suo primissimo semestre di psicomotricità con un'altra terapista, ebbi l'impressione di una donna molto distaccata, dai modi un po' bruschi, poco sorridente e poco empatica. E mentre ti guardavo accompagnare un tuo piccolo paziente dalla sua mamma mi dissi "Meno male che non è lei la terapista della mia monella!".

Invece poi lo sei diventata, come un fulmine a ciel sereno, a giugno del 2010 per motivi di organizzazione interna del centro. E lo sei rimasta fino a ieri.

Incontrarti è stata la nostra grande, immensa fortuna!

Perchè man mano ti sei rivelata per come sei veramente: professionale, preparatissima, determinata, comunicativa, propositiva, intelligente, sensibile. Hai svelato una tenerezza insospettabile che, unita alla fermezza, ha fatto sì che il tuo rapporto con la monella diventasse saldo, profondo, speciale.

Hai ammesso, con gli occhi lucidi, che anche per te questo è un distacco difficile. Perchè tutti i tuoi bambini sono speciali, tu lo hai sempre detto. Ma lei è la tua monella. E non c'è altro da aggiungere.

Grazie di tutto, R. carissima. 

GRAZIE DI CUORE."

sabato 19 ottobre 2019

Visto, finito e visto daccapo.

Cara Lilli,

oggi stavo ripensando a vari film che sarei felice di rivedere. Si tratta di pellicole che mi sono piaciute ma che non vedo da parecchio tempo.

Io sono solita riguardare di tanto in tanto i film che amo, il che non è poi una cosa strana perchè lo facciamo un po' tutti, no? E' come ritrovare vecchi amici, sentirsi a casa. Perchè anche un film può essere "casa" e te ne ho scritto un po' di anni fa, ricordi?

E pensa che ti ripensa, ho realizzato che ci sono film che ho visto tante, anche tantissime volte, ma che ce n'è uno solo, uno solo in vita mia che ho visto due volte di seguito.

Nel senso che è iniziato, l'ho guardato tutto fino alla fine e, nel giro di pochi minuti, l'ho rimesso daccapo e l'ho rivisto tutto quanto. 

Questo film è FUGA PER LA VITTORIA di John Houston, datato 1981.

Era una sera dell'inverno del 1987 (ricordo con precisione l'anno perchè è stato allora che papà comprò il primo videoregistratore e quello era uno dei  primi film che registravamo), io avevo 13 anni e mezzo. Mio fratello doveva uscire con degli amici e mi lasciò l'incarico di registragli questo film che davano in TV. 

Non lo avevamo mai visto, nè io nè lui. 

Lo trasmettevano su una rete commerciale, per cui era inframezzato da parecchi intervalli pubblicitari. Lo guardai tutto, dal primo all'ultimo minuto, per poter staccare e riattaccare la registrazione al momento delle pubblicità.

Mi piacque. Anzi, di più. Mi appassionò. Complice anche il fatto che io stavo in quel periodo scoprendo in me un amore sviscerato per il calcio [e per un allora giovanissimo Paolo Maldini.... ma questa è un'altra storia ;) ], fui così presa da quella storia che, quando mio fratello rientrò che era appena finito il film, lo convinsi a vederlo quella sera stessa, pur se era ormai molto tardi. E io lo rividi con lui, daccapo, fino al termine.

Quella notte dormii un paio di ore in meno, ma non me ne pentii affatto :)

Non è un capolavoro, ne sono consapevole. Forse è anche un po' retorico e sfrutta dei luoghi comuni, come ha scritto il critico Morandini, citato sul sito Mymovies. Ma un film può avere tanti motivi per entrare nel cuore e per restarci. Al di là dell'essere o meno un capolavoro, appunto.

Per chi non sapesse di cosa sto parlando...


 “Seconda guerra mondiale. In un campo di prigionia tedesco, un gruppo di detenuti allenati da John Colby, famoso giocatore della nazionale inglese, viene sfidato da un ufficiale delle truppe naziste, il Maggiore Karl Von Steiner, a giocare una partita di calcio fra prigionieri alleati e soldati tedeschi. L'idea di una sfida sportiva fra fronti in guerra piace molto ai gerarchi nazisti, che decidono di far giocare la partita in un importante stadio della Parigi occupata e di renderla un grande evento di propaganda. Quando gli uomini interni al campo che lavorano segretamente con le forze della Resistenza francese vengono a sapere dell'evento, iniziano a pianificare, con l'aiuto della rude spia canadese Robert Hatch, un grande piano di fuga.” (fonte www.mymovies.it)


Sylvester Stallone, che pure io non amo solitamente come attore, Michael Cane e Max Von Sydow, con l'apporto del grande Pelè e di altri calciatori professionisti mi hanno fatto amare questa storia. Mi hanno fatto emozionare, come se alla fine ci fossi stata anche io lì, in campo a Parigi, a giocare quella che non è una partita di calcio ma una sfida per la libertà.

E ancora oggi, nel rivedere le immagini del finale, mi riscopro sulle spine, partecipe, fiera di essere dalla parte degli Alleati...




ALLERTA SPOILER!!!

Quando il portiere della squadra degli Alleati para il rigore (fasullo) che avrebbe dato al vittoria ai tedeschi io esulto immancabilmente come se vedessi la scena per la prima volta! 

Perchè quello che sulla carta è solo un pareggio, è stato ottenuto lottando in campo con le unghie e con i denti ed è in realtà più di una vittoria. 

Perchè i giocatori Alleati avrebbero potuto fuggire nell'intervallo tra il primo e il secondo tempo e non lo hanno fatto, perchè hanno capito che non solo per loro stessi, ma per le migliaia di spettatori nello stadio e per tutto il popolo oppresso dall'occupazione nazista era una rivincita psicologica troppo importante.

Perchè hanno avuto il coraggio di non scappare...




E quel cancello dello stadio che si spalanca sotto la spinta della folla degli spettatori, che nascondono tra loro i giocatori Alleati e li coprono con cappotti e cappelli per mascherarli e farli fuggire, è un'immagine bellissima, accompagnata da una colonna sonora trascinante.

Uno dei finali preferiti in assoluto, tra i film che amo.
 




PS: il film è liberamente ispirato a una storia vera, quella della cosiddetta partita della morte

mercoledì 9 ottobre 2019

Calipso

Cara Lilli,

non sai quante volte in questi mesi passati ho immaginato di mettermi al pc e scriverti. Poi però mi mancava qualcosa, non avevo la giusta ispirazione. Mi mancava in qualche modo quello spirito che ha animato i miei tanti anni di blogging (più di 9, ormai).

Eppure di cose da raccontarti ne avrei avute, eccome.

Avrei potuto dirti della gioia e della commozione più pura nel vedere il monello allo spettacolo di fine anno scolastico prendere il microfono e, nel suo modo non del tutto chiaro ma comunque comprensibile, cantare il ritornello di "Ci vuole un fiore", mentre tutti gli altri alunni cantavano in coro alle sue spalle, e poi subito scappare via saltellando felice e tuffandosi nelle braccia della sua maestra :)

O dell'emozione di assistere ad un simpaticissimo musical, un adattamento in dialetto napoletano ispirato a "Tutti insieme appassionatamente", a conclusione del progetto scolastico di teatro durato 5 mesi. Emozione a dir poco sorprendente. Perchè tra le comparse c'era la monella. Vestita da baronessa, abito elegante color crema con gonna vaporosa, con tanto di ventaglio, cappellino e collana di perle al collo. Una donnina che con voce ferma e chiara, pur se col viso un po' nascosto dal ventaglio, ha recitato anche una battuta. E ha partecipato alla coreografia finale e poi ai saluti tutti insieme sul palco, con una musica in sottofondo che accompagnava il tutto, in un crescendo di gioia mista a quella sottile tristezza tipica di quando finisce una festa o comunque un evento tanto atteso e immaginato per mesi.

I miei monelli. Lì, sul palco del centro sociale l'uno e di un piccolo teatro l'altra, tra tutti gli altri loro coetanei, a testimoniare che si può cercare di andare oltre i limiti di un disturbo che ha tante sfaccettature e sfumature diverse. 
Perchè si possono avere delle belle sorprese lungo un percorso che, va detto, di per sè non è nè facile nè lineare. Proprio no. L'importante è non partire prevenuti, non dare nulla per scontato. E, se si è fortunati (e noi in questo lo siamo), trovare le persone giuste sul proprio cammino, che sono pronte a fare di tutto per sostenere chi ha bisogno di un aiuto e una spinta in più. Maestre, professori, terapiste, compagni di scuola.

Avrei potuto dirti, poi, di una vacanza al mare diversa dal solito. Nuova. Ma anche già conosciuta. Cioè: nuova sì, ma non per me. Nuova per i miei monelli. Nuova per me, mio marito e i monelli insieme.  

, dove per anni e anni, dall'adolescenza alla giovinezza, il mio cuore aspettava con ansia e gioia di tornare ogni agosto. dove avevo già portato con me il mio amore mentre eravamo ancora fidanzati, l'ultima volta nel 2003.

dove avevo già un ricordo in ogni angolo. E dove quest'anno ho potuto creare ricordi nuovi, diversi, particolari, bellissimi perchè condivisi con le tre persone più importanti della mia vita.

Mi è bastato affacciarmi dal balconcino del piccolo, accogliente hotel che ci ha ospitato sul lungomare di San Benedetto del Tronto... ed è stato subito casa, come se fosse passato solo un giorno e non 16 anni...



SAN BENEDETTO DEL TRONTO - foto privata

Perchè ci sono luoghi che senti tuoi più di altri e niente potrà cambiare questa certezza. 

Quando ripenso adesso a quella settimana di inizio agosto trascorsa, le immagini scorrono come scatti fotografici...


SPIAGGIA - foto privata

IL FARO - foto privata


LUNGOMARE - foto privata

... e in sottofondo, nella mia mente, c'è una canzone a fare da colonna sonora. Una sola, sempre la stessa. Che non è del mio genere preferito. Che non è dei miei cantanti preferiti. Anzi. Ma che è quella che il monello ci chiedeva di ascoltare ogni giorno, più volte al giorno, specie in spiaggia. 

Tutto è relativo. Io l'ho sempre sostenuto. E così anche una canzone che in altre circostanze non avrei amato, ora è tanto cara al mio cuore e mi strappa un sorriso nostalgico appena ne sento anche solo una nota... :)




E ce ne sono di cose da dirti ancora, Lilli.

Abbi solo un po' di pazienza.

giovedì 23 maggio 2019

Immaginaci così...

Cara Lilli,

scrivo questo breve post per rassicurare te e gli amici di blog che dovessero chiedersi come vanno le cose qui dalle mie parti: io e i monelli stiamo bene, siamo sempre di corsa, ancora molto indaffarati tra lo sprint finale dell'anno scolastico, le terapie, le attività sportive e ricreative e per ciò che riguarda me in particolare posso dire di essere molto molto presa a seguire situazioni che non mi coinvolgono in prima persona ma assorbono davvero tante energie, soprattutto mentali.

Il tempo rotola, ecco il punto. E lo sprone per scrivere o leggere è al minimo storico o quasi. 

Ma, in attesa di poter riprendere a gestire e seguire il blog mio e quelli degli altri che mi sono cari, desidero lasciare qui qualcosa che sia segno comunque di gioia e di positività: quando pensi a me e ai monelli, Lilli, immaginaci così.... presi ad ascoltare musica di ogni genere, passione che ci accomuna tutti e tre, e a cantare e quando possiamo a ballare anche ;) :)

E quando dico "musica di ogni genere" intendo proprio in senso letterale, perchè la nostra playlist prediletta di queste ultime settimane racchiude un bel po' di cosette che spaziano di qua e di là

Te ne dò un assaggio...
















PS: per ciò che riguarda l'overture de "Il signor Bruschino" di Gioacchino Rossini chi vuol rinfrescarsi la memoria può andare a dare un'occhiata al mio vecchio post "IL MIO AMICO SIGNOR BRUSCHINO" ... A quanto pare oggi non è più solo amico mio, ma anche dei monelli, che lo adorano! Buon sangue non mente ;) :)


martedì 2 aprile 2019

La normalità è anche BLU

Cara Lilli,

cos'è la normalità? Tu ne hai una definizione standard o comunque universalmente riconosciuta?

Io so che se guardo la mia monella vedo una ragazzina ormai che va verso i 12, cresce alta, bella. Una ragazzina che sorride tanto. Ma che anche piange strillando tanto, che si agita ancora terribilmente quando qualcosa che spesso non sa neppure spiegare a parole la infastidisce, la preoccupa, le crea ansia.

Una ragazzina che trova delle difficoltà a fare tutto ciò che fanno i suoi coetanei nei modi e nei tempi in cui le fanno loro, ma che in piscina (non più quella dove andava con la calsse della scuola elementare) è inserita in un corso normale, tra ragazzini che non conosce e con istruttori nuovi e sta migliorando man mano, e che è stata in pizzeria da sola con le amiche, senza la presenza di nessun genitore.

Lei è così e io lo so, l'ho vista fare il suo percorso passo dopo passo, so da dove è partita e dove è arrivata finora, la mia tartarughina. Provo a immaginare il suo futuro e dove potrebbe arrivare, lì oltre la prossima curva o dopo la prossima salita.

Guardo il mio monello e vedo un ometto di 8 anni magrino, bello, agile, che sorride e vuole essere coccolato, che fa il furbetto quando vuole ottenere qualcosa, che piange come una fontana a volte ma anche che ride a crepapelle tante altre, che da quando ha aperto lo scrigno del tesoro, cioè da quando ha iniziato a parlare seppur non in modo chiaro ancora, sta imparando a districarsi nel ginepraio di lettere e numeri, a leggere, scrivere, fare addizioni e da poco anche sottrazioni... in modo semplificato o per meglio dire adattato alle sue esigenze, ma lo sta iniziando a fare. 

Lui è così e io lo so, ho a lungo temuto che non avrei mai sentito la sua voce, che non avrei gioito di traguardi importanti. E invece lui mi ha smentito, partendo in sordina ma poi recuperando per strada almeno un pochetto, in attesa di nuove gioie inaspettate e sorprendenti.

Cos'è la normalità, Lilli?

Io credo che, qualunque cosa sia, abbia tante sfaccettature, sia camaleontica, cangiante. Non può essere racchiusa in una definizione. 

Quello che a tanti può apparire diverso, per altri è normale.

La normalità può essere di tanti colori. Anche BLU.