Cara Lilli,
non si dovrebbe mai sopravvivere ai propri figli. E' innaturale, è inconcepibile.
Ieri ero in una chiesa colma fino all'inverosimile e insieme a tutta quella gente ho ascoltato con le lacrime agli occhi e il cuore in gola le parole di un padre che dall'altare ha salutato suo figlio, un ragazzo di 16 anni, che nel pieno della sua giovinezza è venuto a mancare all'improvviso. Lo ha salutato e ha ringraziato i presenti e lo ha fatto con chiarissimo dolore ma anche con una dignità, una compostezza, una profondità che ha commosso e colpito tutti.
Quel padre è uno dei miei cugini. Di quei miei cugini con cui sono cresciuta come se fossimo fratelli e sorelle. Dodici cugini figli di sei sorelle, sparsi per l'Italia e una anche oltre oceano.
La nostra storia è fatta di ricordi meravigliosi e di affetto grande. E la nuova generazione è il prolungamento di quella storia. I nostri figli, anche se molto spesso distanti tra loro fisicamente, stanno crescendo con in cuore lo stesso nostro sentimento basilare di unione, di condivisione. Di famiglia.
Ieri non eravamo tutti, quelli più lontani non sono riusciti a venire, ma noi che c'eravamo ci siamo stretti intorno a quella bara bianca e ai quei genitori a cui è stata inflitta la prova più immensa che si possa affrontare. E ci siamo sentiti famiglia.
Questa Santa Pasqua la vivremo in modo particolare, forte, doloroso, profondo, come l'anno in cui arrivò subito dopo che era morta la mia mamma. Ma stavolta è un dolore diverso, che lascia senza parole perchè lui era solo un ragazzo e anche perchè questo colpo è piombato su di noi come una mazzata tra capo e collo, senza preavviso.
La vita è un soffio, Lilli. Quanta retorica, eppure quanta amara verità in questa constatazione.
Ieri tornando a casa guardavo i miei figli e mi sono detta una volta di più che voglio che loro crescano così come sono cresciuta io, con dentro sempre la certezza e la forza che dà sapere che la famiglia c'è e ci accompagna.